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Quali novità?

Prima delle vacanze le novità in termini di comunicazione politica non mancano. Da una parte, c’è Berlusconi che sente l’urgenza di comunicare la sua distanza da Fini e dai Finiani. Dall’altra, Vendola comunica, un po’ in anticipo, la sua autocandidatura alle primarie del centrosinistra che decreteranno il prossimo candidato premier. Nel Pd, invece, si parla di innovazione nel ‘modo’ di comunicare.

Di recente, infatti, il Partito Democratico ha adottato il QR code, l’innovativo codice a barre digitale che permette di approfondire manifesti o volantini semplicemente collegandosi ad Internet con il proprio cellulare. Ovviamente, poi tanto semplice non è, perché sono ancora molti coloro che non si collegano on-line tramite il cellulare e sono ancora pochi quelli che utilizzano tale servizio con familiarità e frequenza; mentre, c’è da dire, che il Partito Democratico intende invece rivolgersi ad un elettorato molto più ampio ed eterogeneo. Proprio per questo, il nuovo strumento di comunicazione – inaugurato con entusiasmo dal Responsabile Comunicazione PD, Stefano di Traglia – è stato oggetto di aspre polemiche e giudicato troppo elitario e lontano dai suoi elettori.  

Personalmente, credo che prendere di mira il PD per aver scelto di utilizzare il QR-code sia eccessivo, soprattutto se lo si considera nell’ottica di un’innovazione incrementale, ovvero come uno strumento aggiuntivo e non sostitutivo della comunicazione tradizionale. Tale scelta, inoltre, sembra in linea con la mission delle origini del Partito Democratico, che si presentò nell’ottobre 2007 come un partito promotore e portatore di innovazione tecnologica. Ricordate i tempi di Veltroni, con la proposta dei circoli telematici e  l’introduzione di un nuovo sito trasparente e interattivo? Allora i siti web degli altri partiti erano molto indietro… il sito del Partito Democratico, invece, si propose addirittura come un vero e proprio Sistema Informativo[1].

L’utilizzo del QR code, poi, non è nuovo in Italia, lo avevamo già visto in Lombardia per le regionali 2010 sul sito di  Formigoni e sul materiale di comunicazione del candidato Udc, Enrico Marcora. Il Pd non arriva quindi primo su questa innovazione e perciò non può essere criticato per aver deciso di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Ciò non significa, però, confondere un’innovazione tecnologica con una proposta politica, stiamo parlando di due piani diversi.

Stravolgendo McLuahn (il Maestro non me ne voglia) il mezzo non dev’essere il messaggio ‘politico’, ma può rappresentare un fattore anticipatore dell’innovazione di una forma mentis, ossia quella dell’approfondimento delle notizie politiche anche per strada dal proprio cellulare. Anche questo è un modo per avvicinarsi di più alle giovani generazioni sempre più tecnologiche e telematiche.

Marina Ripoli

 


[1] Il Partito Democratico assicura un Sistema informativo per la partecipazione basato sulle tecnologie telematiche adeguato a favorire il dibattito interno e a far circolare rapidamente tutte le informazioni necessarie a tale scopo. Il Sistema informativo per la partecipazione consente ad elettori ed iscritti, tramite l’accesso alla rete internet, di essere informati, di partecipare al dibattito interno e di fare proposte. Il Partito rende liberamente accessibili per questa via tutte le informazioni sulla sua vita interna, ivi compreso il bilancio, e sulle riunioni e le deliberazioni degli organismi dirigenti. I dirigenti e gli eletti del Partito sono tenuti a rendere pubbliche le proprie attività attraverso il Sistema informativo per la partecipazione (Statuto del Partito Democratico, art.1, comma 9).

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Uk: I social network

Le elezioni britanniche 2010 sono state sicuramente più “digitali” rispetto a quelle del 2005. E non sarebbe potuto essere altrimenti dopo l’exploit Usa del 2008. Così tutti i partiti inglesi hanno rinnovato i siti web, si sono rivolti al podcast, ai blog, al mailing e naturalmente ai social network.  

Per quanto riguarda Twitter, solo Clegg gli ha dato la giusta importanza. Il candidato Lib Dem ha infatti un proprio account ufficiale utilizzato con frequenza e con molti più follower degli altri due leader. Cameron preferisce Facebook (circa 40 mila fan) e ha dichiarato la sua ostilità verso Twitter: “troppi tweet ti rendono un twat (un idiota)”, non ha un account personale e fa riferimento al profilo dei Conservatives sul social network. Anche Brown, non è presente personalmente su Twitter e si limita a pubblicare le dichiarazioni ufficiali del governo su Downingstreet e su Uklabour quelle della campagna elettorale. A rimpiazzarlo sul social network c’è però la moglie Sarah che ha più di un milione di follower che leggono i suoi twits sulla campagna del Labour.

La vittoria di Cameron e quella parziale di Brown evidenziano quanto sia importante investire realmente sul web. Lo staff di Clegg ha solo tre persone che si occupano a tempo pieno unicamente di internet, Youtube e social network; il Labour ne ha cinque; i Tory ne hanno addirittura nove!  

Marina Ripoli

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