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PD Varese: Motivazione e Comunicazione orizzontale

Comunicazione e scambio orizzontale tra circoli, utilizzo dei new media come canali preferenziali, certo… ma soprattutto, punti programmatici in grado di “bucare”. Questa settimana abbiamo incontrato per voi Stefano Tosi, segretario provinciale del PD di Varese e Consigliere regionale per il partito in Lombardia, che ha fatto il punto della situazione sulla strategia comunicativa e sulla strada percorsa del partito nel varesino, oltre che su quelle che saranno le risorse e le tematiche che il partito metterà in campo in occasione delle amministrative 2011. Obiettivo: motivare e far comunicare tra di loro gli elettori.

Il suo mandato sta scadendo: su cosa dovrà investire il futuro segretario in termini di comunicazione per aiutare il partito a livello provinciale?

Sì, siamo alla fine di questa bella esperienza durata tre anni. Credo che tutti possano riconoscermi l’impegno teso alla costruzione di un partito moderno, popolare, dal profilo profondamente riformista. Colgo, quindi, l’occasione, per ringraziare i sostenitori e gli iscritti al PD che non hanno mai fatto mancare il loro indispensabile sostegno. Al futuro segretario auguro, naturalmente, di poter avere più soddisfazioni elettorali di quelle che ho avuto io. In termini di comunicazione, gli consiglierei di investire più risorse in un sistema in grado di rilanciare efficacemente sul territorio, con gli strumenti tradizionali e quelli telematici, pochi messaggi comprensibili da parte di tutti. Sarebbe, inoltre, importante se riuscisse a mettere tutti i circoli territoriali e d’ambiente, gli amministratori locali in rete, al fine di agevolare la comunicazione e la trasmissione fra loro delle esperienze migliori. Gli raccomanderei, infine, di insistere nella comunicazione istituzionale attraverso una forte periodicità delle conferenze stampa e degli interventi presso i mass media locali.

C’è qualcosa che non ha funzionato nella scorsa tornata elettorale a livello di comunicazione politica?

Nell’ultima tornata elettorale, mi pare che, dal punto di vista della comunicazione politica, ci sia stato un netto miglioramento da parte del PD, sia a livello regionale che provinciale. Permane, tuttavia, una sproporzione di risorse tra noi e il centrodestra che, tra l’altro, in provincia di Varese, può schierare, quasi ogni giorno, i suoi maggiori leader nazionali. Malgrado lo sforzo compiuto dai singoli candidati, le risorse che il partito ha potuto mettere a disposizione per la comunicazione sono stati largamente insufficienti. Purtroppo è ampio, rispetto ai nostri competitori, il divario anche su mezzi di propaganda diffusi come la classica pubblicità sugli organi di informazione locale o sulle fiancate degli autobus di linea. In campagna elettorale non siamo riusciti a colmare il gap derivante dai dati elettorali di partenza dei partiti, pur avendo una buona performance come voti di preferenza espressi dalla nostra lista .

Quanto conta per voi l’ascolto del territorio? E come concretamente lo sviluppate?

Per noi l’ascolto del territorio è fondamentale. Lo sviluppiamo, innanzitutto, attraverso i nostri 84 circoli, le 12 Feste e le centinaia di amministratori locali. Stando con i gazebo, quasi ogni sabato e domenica, fra la gente. Per quanto mi riguarda, ho la soddisfazione di avere contribuito a creare una scuola di formazione per i giovani, puntando decisamente anche su Internet, con sito, blog e facebook.

Lei è propenso ad un tipo di campagna elettorale aggressiva – orientata alla denuncia delle inadempienze – dal punto di vista organizzativo? 

Sono convinto che un po’ di aggressività, in campagna elettorale, sia inevitabile. Ma senza esagerare! Gli elettori, infatti, non amano le risse e, ormai, sono abituati a badare al sodo, ovvero alla credibilità delle persone, alla forza della proposta politica ed all’efficacia e chiarezza di alcuni punti programmatici in grado di “bucare”. Molto spesso il nostro schieramento offre messaggi troppo complessi che sembrano lontani dalla percezione di “comunanza” richiesta dall’elettore. Da questo punto di vista, la grave crisi economica che ha colpito il nostro Paese, ha rafforzato la tendenza degli elettori del Nord a rifuggire sempre di più dalle posizioni demagogiche o troppo ideologiche per propendere invece alla ricerca del mix più affidabile di “protezione ed innovazione”.

In vista delle prossime elezioni amministrative locali (Varese, Busto e Gallarate nel 2011, ndr) quali sono le strategie di comunicazione che il PD della Provincia di Varese intende mettere in atto? Vedremo qualche elemento innovativo?

In vista delle prossime elezioni il PD saprà mettere in campo ottime squadre e una strategia di comunicazione non solo innovativa, ma anche efficace. Studi specifici, infatti, dimostrano che sono sempre di più le persone disponibili a cambiare completamente opinione tra una elezione e l’altra. Per questo, il partito deve sapersi attrezzare non solo per riconquistare i propri elettori ma soprattutto per conquistare quelli incerti e coloro che, sempre più spesso, disertano le urne. Ciò non significa scegliere solo gli slogan più efficaci, bensì decidere il messaggio e il tono da utilizzare. In particolare con le prossime misure sulla finanza locale la nostra offerta politica dovrà essere in grado di rappresentare al meglio la comunità locale, il lavoro di miglioramento dei risultati dell’utilizzo delle risorse pubbliche e lo sforzo di risolvere i temi legati all’economia. Creare coalizioni credibili, unire le primarie con la costruzione di programmi forti sono le priorità. Si utilizzeranno nella comunicazione sia i mezzi tradizionali derivanti dal contatto personale diretto che la nuova “rete” resa possibile da internet.

Intervista a cura di Daniela Bavuso

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UDC Cremona: Comunicazione locale!

Questa settimana Spinning Politics ha incontrato per voi Giuseppe Trespidi, Segretario Provinciale per L’UDC di Cremona, che ci ha spiegato quanto puntare l’attenzione sui bisogni della cittadinanza e su un’informazione concentrata a cogliere gli aspetti della vita locale, mirare su una comunicazione orientata a trasmettere messaggi chiari e diretti può garantire un buon livello di contatto col territorio.

Qual è la situazione dal punto di vista identitario dell’Udc in provincia di Cremona?

L’UDC in provincia di Cremona si caratterizza come partito di centro che pone al centro della sua azione l’uomo e la famiglia. Siamo un partito che ritiene che le politiche famigliari non si fanno solo a Roma ma che anche nel nostro territorio è possibile progettarle e realizzarle. Un esempio solo per tutti: in comune a Cremona siamo riusciti a fa passare all’unanimità un ordine del giorno relativo all’introduzione del quoziente famigliare sulle tariffe da applicare ai servizi erogati dal Comune. Siamo un partito che se si deve alleare lo fa con le forze politiche del centro destra, su degli obiettivi precisi, ma che non teme la competizione solitaria.

Quali effetti ha questo sulla vostra immagine percepita?

Non abbiamo sondato la percezione che gli elettori ed i cittadini hanno di noi. Quello che vogliamo trasmettere è un’immagine di partito moderato che ha come riferimento i valori della dottrina sociale della chiesa, che si vuol cimentare con la soluzione dei problemi e non con la sola enunciazione, che vuol dare una prospettiva ai cittadini del territorio, che non ha timore a dire apertamente come la pensa.

Qual è il rapporto tra il suo partito e i mezzi di comunicazione tradizionali, ad esempio con la stampa locale? Come lo alimentate?

Il rapporto con i quotidiani è senz’altro ottimo perché è abbastanza frequente e bidirezionale. In prevalenza ci affidiamo ai comunicati stampa ma ci sono anche le interviste. Il rapporto è discreto anche con le TV locali, anche se meno frequente rispetto ai quotidiani ed ai settimanali.

Tra la presenza di molti leader d’opinione sul territorio e l’utilizzo dei social network, quale secondo lei ha più importanza ai fini della mobilitazione?

La mobilitazione dipende molto da ciò che proponi ai cittadini. Quello che constato è che molto dipende dal rapporto che hanno i nostri responsabili e i nostri militanti sul territorio. Soprattutto laddove siamo presenti è più facile comunicare con i cittadini. Invece laddove non ci siamo proviamo ad utilizzare i mezzi che la tecnologia moderna mette a disposizione: sms, mail, facebook, comunicati stampa, ecc. Anche con questi mezzi si può raggiungere un buon numero di cittadini, però la mobilitazione riesci ad ottenerla in modo soddisfacente solo se oltre ad un buon motivo hai anche un messaggio chiaro e diretto.

Come si pone l’Udc locale rispetto alla linea del partito a livello nazionale in termini di comunicazione politica?

La nostra comunicazione riguarda prevalentemente la politica ed i fatti locali. Raramente ci siamo riferiti alla politica nazionale perché su quella poco si incide con comunicati stampa. Sulla linea politica nazionale si incide quando vengono riuniti gli organi nazionali del partito o con prese di posizione da parte degli organi provinciali del partito.

Credo molto in una attività comunicativa interna al partito, attraverso gli organi che democraticamente si è dato piuttosto che ad una comunicazione fatta attraverso i media.

 

Intervista a cura di Daniela Bavuso

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Più coraggio in Campagna Elettorale!

La campagna elettorale tra targetizzazione dei messaggi su base territoriale, utilizzo integrato di media tradizionali e social media e ascolto. Ecco gli ingredienti dello straordinario successo personale della campagna dell’esponente del Pd Roberto Placido, vicepresidente del Consiglio Regionale piemontese, che Spinning Politics ha incontrato per voi. Un punto di vista unconventional, che invoca più coraggio nella comunicazione elettorale e nell’informazione in generale.

 

Nonostante lo straordinario risultato personale il centrosinistra è stato sconfitto alle scorse regionali. Secondo lei, sono stati commessi errori dal punto di vista della strategia comunicativa o si è persa qualche occasione nel passaggio di determinati messaggi?

La vittoria personale lascia l’amaro in bocca e per spiegarlo faccio l’esempio calcistico: la soddisfazione di un buon risultato personale non cancella l’amarezza della sconfitta della squadra. Ci sono stati senz’altro degli errori nella comunicazione, forse maggiormente per quanto riguarda la campagna della candidata alla presidenza Bresso: la campagna non ha tenuto sufficientemente conto della realtà delle altre province piemontesi, che sono una cosa diversa dalla realtà di Torino e provincia sia in termini di risultati elettorali che in termini di organizzazione sociale, reddito, tradizione, storia; non è vero che, come dicono alcuni, c’è Torino e provincia e poi “l’altro Piemonte”. Semplicemente esistono sul territorio realtà completamente diverse. Uno dei problemi è stato quello di non essere riusciti a declinare uno slogan adattandolo alle varie realtà. La campagna ombrello è andata piuttosto bene, poi però sarebbe stato necessario declinare la comunicazione … cosa non facile. Questo è uno dei limiti della comunicazione, d’altronde è nel fare tante cose che capita che alcune non riescano molto bene.

Cosa ha caratterizzato la comunicazione politica del PD piemontese durante la scorsa campagna elettorale? Come si è articolata la battaglia con Roberto Cota e quali argomenti hanno maggiormente contribuito alla vittoria dell’avversario politico?

Per qualche verso è stata una questione di risorse: il Pd non aveva grandi risorse, la maggior parte di esse sono state usate per la campagna del presidente e gestite dal suo staff. Il Pd è stato solo un supporto tecnico economico ma non nelle decisioni.
Il Pd ha fatto slogan che attaccavano e si contrapponevano ad alcuni slogan della Lega, ad esempio “tute blu, non camicie verdi”; slogan che sono stati parte di una campagna coraggiosa che ha portato consenso e critiche al tempo stesso. Anche in questo caso una campagna molto efficace per alcune delle province e non efficace per le altre.
La campagna ha avuto però il pregio di essere coraggiosa, e questo è positivo se si considera che spesso in politica manca il coraggio nella comunicazione. 

Che rapporto esiste secondo lei tra la strategia politica e quella comunicativa, ovvero, a che punto le due si dividono? Quale ha pesato maggiormente nella sconfitta in Piemonte?

Si sovrappongono, ma la strategia comunicativa è funzionale alla strategia politica e non il contrario.
Un partito può, ad esempio, anche decidere una strategia comunicativa che può sembrare folle, ma si tratta poi di capire qual è la strategia politica che sottende ad essa. Personalmente ho fatto alcune campagne molto nette e coraggiose, che avevano alla base una chiara strategia politica. Anche una delle mie ultime campagne di comunicazione ha visto una chiara strategia politica che si è tradotta, ad esempio, nella quasi inesistenza della classica campagna di comunicazione esterna – cosa che ha creato anche qualche tentennamento da parte delle persone più vicine a me -; in quel caso c’era una strategia più articolata ma meno visibile che ha dato infine i suoi frutti. Naturalmente, come in tutte le campagne elettorali, un risultato non positivo sarebbe stato indice di una campagna condotta in modo sbagliato… Prendiamo l’ultima campagna elettorale: da una parte si è registrata strategia di bassissimo profilo e soprattutto una bagarre di grandi proporzioni per quanto riguarda, ad esempio, i manifesti elettorali. Capita, come è successo qui in Piemonte, che campagne elettorali che sfruttano enormi quantità di risorse possono risultare fallimentari nel risultato e causa di sprechi significativi.
Personalmente avevo pensato di uscire con una campagna senza volto sui manifesti – cosa che mi è stata sconsigliata – e solo con il cognome, il “brand” principale, proprio perché non volevo aggiungere a tutti i volti presenti sugli altri manifesti anche il mio; in seguito ho scelto una foto del mio viso ritratto in una posa espressiva seria, non sorridente, benché il sorriso sia uno degli aspetti positivi del mio volto e che mi caratterizza di più; la scelta risponde a questo ragionamento: in questa situazione economica drammatica “non c’è mica da ridere” e un cittadino che ha perso il lavoro, che rischia di perderlo, che magari ha il figlio disoccupato potrebbe guardare il manifesto e dirsi che non c’è nulla da sorridere, avvertendo che è più semplice sorridere per chi ha una posizione privilegiata rispetto alla propria.
Anche l’attenzione al colore utilizzato per i manifesti, per il sito e durante tutta la campagna è stato per me una scelta forte: sono stato l’unico candidato ad aver usato il rosso, colore che contraddistingue la mia storia politica, la mia appartenenza, l’idea politica e il contenuto: insomma, è il mio colore politico.
Il claim utilizzato era collegato all’azione politica e faceva poco riferimento a ciò che può essere percepito come l’ennesima promessa. Ho giudicato perdente e un po’ presuntuosa la scelta di chi ha scelto di affiggere manifesti che riportavano solo nome cognome e semmai il volto.
La strategia comunicativa ha dato ampio spazio alla personalizzazione.

Quanto spazio è stato dato durante la scorsa campagna elettorale alla comunicazione ed all’informazione attraverso i social media?

Personalmente ne ho fatto largo uso, io utilizzo tutto ciò che c’è di nuovo, sono molto curioso; deve però essere chiaro che i social media sono complementari e aggiuntivi, nella comunicazione, rispetto ai media tradizionali e tali resteranno. I social media esprimono un modo di comunicare ed una società che sta cambiando. Un dessert buono rende un pranzo indimenticabile, ma non devono mancare il primo e il secondo: ad oggi i social media e i social network non sono ancora il primo e il secondo.

 “Dillo a Placido”: informare, creare consapevolezza e trasparenza e incentivare la vicinanza con i problemi del cittadino-elettore. C’è legame tra questa esperienza e il risultato elettorale personale, e come si è inserita questa modalità di informazione e comunicazione nella campagna elettorale?

“Dillo a Placido” è stata proprio una bella esperienza. Per tre mesi ho condotto questa trasmissione che non parla di politica, non ha copione prestabilito, ma mette a disposizione degli spazi dove ognuno porta i propri argomenti. La trasmissione non prevede interventi telefonici, a volte in grado di monopolizzare gli spazi. Si tratta di un’esperienza nata un po’ per caso ed è a metà tra “1/2 Ora” dell’Annunziata e “Stranamore”: come “1/2 Ora” è un programma di informazione, come “Stranamore” c’è un grande furgone itinerante con il mio volto, il logo della tv e il titolo della trasmissione. Gli inviti a seguire la trasmissione arrivavano a tutti e venivano distribuiti nella località dove sarebbe arrivato il furgone con anticipo, così da invitare tutti a prendere parte alla fase preparatoria e a creare aspettativa e passaparola: arriva Placido! Dillo a Placido!
Gli argomenti trattati vanno da quello della sicurezza e ordine pubblico, alla sanità, il lavoro, la casa, i trasporti, insomma, argomenti quotidiani e concreti.
Che abbia funzionato, beh, lo dice un episodio simpatico che le racconto: un mese o due dopo che la trasmissione si è interrotta per dar spazio alla campagna elettorale, il Comune di Torino ha fatto una campagna per promuovere le affissioni comunali rivolta alle aziende private e la campagna, graficamente non eccezionale, riportava il claim “Dillo a tutti”: vedendola in molti si sono ricordati della mia trasmissione e hanno pensato che avesse preso di nuovo il via. Da questo desumo che dal punto di vista comunicativo la trasmissione ha fatto centro.

 Cosa pensa di quello che sta accadendo in questi giorni al sistema di informazione pubblico e privato, e come pensa questo possa incidere sulla comunicazione delle minoranze politiche?

Un paese è democratico quando l’informazione è libera. Se la stampa non lo è completamente questo è segno di non democraticità. Ognuno deve essere libero di scrivere quello che vuole, se interviene un contenzioso ognuno ha delle responsabilità e chi sbaglia paga, ma il controllo non può avvenire a monte: questo appartiene ai regimi. Un’informazione genuflessa e orientata a magnificare l’opera di determinate personalità non giova alla democrazia. Se posso trovare un difetto della stampa italiana è proprio che questa è fin troppo poco irriverente e troppo poco irriguardosa verso la politica, a differenza della stampa anglosassone: in quel caso i giornalisti sono duri e vogliono delle risposte dal politico. Il giornalista deve chiedere al politico i perché e i come mai.

 Intervista a cura di Daniela Bavuso e Luca Checola

 

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UDC Lombardia: il segreto è l’ascolto!

Cercare nuova legittimazione presso un elettorato “stanco delle parole a cui non seguono fatti” e della “politica urlata”; farlo attraverso la presenza sul territorio e la sperimentazione di nuove tecniche di informazione e diffusione dei messaggi politici tramite l’uso dei social network: è questa la via del consenso secondo Enrico Marcora, Consigliere Regionale dell’UDC lombardo, che questa settimana Spinning Politics ha incontrato per voi. Nulla è lasciato al caso, prima di tutto l’ascolto, la prima pietra su cui edificare un solido consenso.

Tre elementi a cui deve le sue recenti vittorie elettorali?

Sostanzialmente uno: la presenza sul territorio.
Due campagne elettorali in meno di un anno sono di certo faticose ma soprattutto hanno rappresentato per me una grande opportunità.
Girando i mercati e le città ho potuto infatti incontrare molte persone: semplici cittadini ma anche imprenditori, persone del mondo dell’economia, della cultura e dell’associazionismo; realtà con cui continuo a confrontarmi perché credo che l’errore più grande che possa fare un politico è quello di essere presente e attivo solo in campagna elettorale e poi eclissarsi nei palazzi delle istituzioni.
Parlando con loro, con l’intenzione di raccogliere consensi e consigli, mi sono accorto che in realtà le cose non stanno come d’intorno si favoleggia.
La gente non è affatto stanca della politica, non è allergica ai valori e alle idee che diventano progetti, è solo stanca delle parole cui non seguono fatti, delle promesse mai mantenute, della politica urlata e dei litigi. E’ preoccupata di non essere più il centro dell’azione dei partiti.
Un secondo elemento è stato forse la capacità di rendere capillare il mio messaggio grazie anche ai social network come facebook, le mail e il sito internet.

Come l’UDC lombardo sta gestendo la comunicazione in questo periodo di crisi interna?

La comunicazione per un partito ha assunto ormai un ruolo fondamentale. È importante far conoscere ai cittadini cosa si fa per loro, come è altrettanto fondamentale ascoltare le loro esigenze. La comunicazione politica deve uscire dal pantano dell’autoreferenzialità in cui è finita. Troppe volte è poco comprensibile e i messaggi sono solo ad uso e consumo della dialettica interna ai partiti. Noi puntiamo ad una comunicazione essenziale, concreta e soprattutto propositiva. La logica del bipolarismo muscolare ha purtroppo intaccato anche la comunicazione, ma di fronte a questa grave crisi economica, che ha gravi ripercussioni sull’occupazione anche nella eccellente Lombardia, il nostro partito punterà sui propri valori fondanti per fornire ai nostri numerosi e potenziali elettori una prospettiva concreta di uscita dalla crisi e un’idea diversa di politica.

Come si prepara l’UDC dal punto di vista della comunicazione alla prossima tornata elettorale (elezioni cittadine di Milano 2011)? E quali sono i maggiori ostacoli da superare e gli obiettivi da raggiungere in termini elettorali?

Continuando a lavorare con serietà, forti della nostra autonomia e dei nostri valori. Abbiamo già individuato alcune priorità programmatiche e alcune idee per Milano, tuttavia sarà importante intraprendere anche campagne di comunicazione volte all’ascolto delle istanze dei milanesi, magari attraverso il nostro sito internet che sta per essere rinnovato. 

Quali sono secondo lei i mezzi migliori per attuare un buon piano di ascolto del territorio?

Insisto nel sottolineare l’importanza del rapporto umano. Io dedico buona parte della mia giornata ad incontrare le associazioni e le realtà che sono attive sul territorio, nasce con le persone un reciproco rapporto di fiducia e solo così riesco a capire quali sono le reali esigenze, confrontarmi e cercare insieme le soluzioni da proporre a livello istituzionale.
Credo che la politica e i politici debbano tornare col loro aspetto migliore tra la gente. Per questo, dopo la nascita del circolo della Costituente di Centro Alcide De Gasperi di viale Espinasse 160 a Milano, sto seguendo con entusiasmo il fiorire in tutta la Provincia di Milano di altre realtà simili.
Luoghi dove le persone che credono in un presente e un futuro migliori e che vogliono operare per il bene comune e del proprio territorio possono incontrarsi e confrontarsi per arricchirsi tutti delle idee degli altri. Uno spazio a disposizione quindi per informare, ascoltare, trovare e proporre quelle soluzioni che sembrano le migliori.

Che rapporto c’è tra il vostro partito e gli elettori indecisi tra centro-sinistra e centro-destra?

È il nostro “mercato elettorale” di riferimento. Questo bipolarismo muscolare ha ingessato il dibattito e le sviluppo del Paese. Le contraddizioni interne ai due maggiori partiti sono sotto gli occhi di tutti e per questo credo che l’interesse verso il nostro partito non potrà che aumentare.

Intervista a cura di Daniela Bavuso

 

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PD Lodi: La fiducia si conquista con progetti validi

Questa settimana Spinning Politics ha intervistato Mauro Soldati, Segretario Provinciale del Partito Democratico di Lodi, che ci ha descritto una realtà piccola e consolidata, fondata sulla fiducia nella capacità dell’elettorato di premiare i progetti più validi, e che per vincere, punta sulle capacità e sulla qualità dei candidati nel raggiungimento degli obiettivi: vivere con semplicità e pensare con grandezza nella “bassa”.

Partiamo dalle ultime elezioni amministrative, dove Lodi si è dimostrata una delle poche eccezioni vincenti del centrosinistra lombardo; a tal proposito, quali sono stati i vostri punti di forza, quelli che vi hanno condotto alla vittoria?

La buona amministrazione è la prima cosa che viene valutata dai cittadini, tanto più nelle elezioni comunali, dove gli interventi impattano direttamente con la popolazione, e noi venivamo da un mandato molto positivo, dove risultava evidente che la città era cambiata ed era cambiata in meglio. A ciò abbiamo unito una presenza molto forte tra la gente. Non solo incontri formali, ma anche appuntamenti più semplici, quasi improvvisati, dove con più facilità le persone potevano esprimersi e i candidati fornire le loro idee.

Dalla vostra ultima campagna elettorale si evince il ruolo fondamentale delle relazioni personali sul territorio, come alimentate questo rapporto e la gestione dell’ascolto?

Più che sulle relazioni personali, in questa tornata elettorale abbiamo costruito un rapporto sugli obiettivi da perseguire e sulle capacità e qualità dei nostri candidati, il che rende più semplice una vicinanza che poi si traduce in sostegno. Di sicuro i cittadini hanno maggior capacità di valutazione e comprensione di quanto anche la politica crede. Le elezioni di Lodi ne sono un esempio concreto, con 4 mila persone che nello stesso giorno hanno ad esempio cambiato il proprio orientamento, votando centrodestra alle regionali e centrosinistra alle comunali. Un numero così consistente non può essere risolto solo con le relazioni personali, ma implica una fiducia diversa, più legata alla validità del progetto.

Quale elemento pensavate potesse minacciare il risultato positivo ottenuto alle ultime elezioni amministrative?

Una semplificazione della scelta in campo, sull’onda di temi nazionali, veicolati dai media, piuttosto che sul lavoro fatto e le esigenze concrete del territorio.

Passando ora a parlare di comunicazione politica, quanto pensa che una strategia implementata da un professionista possa influire sugli esiti di voto?

L’improvvisazione non è mai una risposta. Le professionalità sono fondamentali, ma senza l’esperienza e la conoscenza del territorio sono inutili. Di sicuro noi abbiamo bisogno di supporti, ma è altresì fondamentale un impegno diretto di militanti e gruppo dirigente, che esprime anche professionalità in merito. Siamo un partito che ha bisogno di protagonismo e ruoli diretti dei propri militanti e del gruppo dirigente, al fine di sentire nostra la sfida.

Tra le varie pratiche del marketing elettorale, quale pensa possa produrre un valore aggiunto se applicato alla vostra realtà?

La nostra realtà è ancora abbastanza vergine da questo punto di vista. Strumenti in campo ce ne sono, ma non vi è ancora una chiara strategia in merito. Di sicuro la continuità, nei messaggi, nella presenza, nelle proposte, è un elemento che richiede anche adeguati strumenti per essere realizzata, rispetto alla quale stiamo definendo la strada da seguire, anche perché il nostro obiettivo è quello della costruzione di un rapporto con i nostri concittadini, che non può ridursi al solo appuntamento elettorale.

 Intervista a cura di Daniela Bavuso

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Tradizione e rinnovamento per l’UDC di Monza e Brianza

Un mix tra il legame con la tradizione dei militanti – che sul territorio sono gli unici ad avere il polso della situazione – e la necessità di formare un nuovo gruppo dirigente preparato alle sfide della comunicazione moderna. Questa è la realtà dell’UDC nella giovane provincia di Monza e Brianza secondo la descrizione del suo segretario politico, Vincenzo Tortorici, che Spinning Politics ha intervistato per voi dopo il recente convegno di Todi.

 

L’UDC di Monza e Brianza come può cavalcare l’onda per essere un partito in espansione all’interno di una realtà provinciale giovane ed aumentare visibilità e consenso?

Sia nella campagna elettorale nazionale che in quelle amministrative, sul territorio abbiamo aperto alla società civile, alle aggregazioni politiche di liste civiche, ad associazioni culturali, ad entità locali, a gruppi di giovani, tutti intenzionati ad agire per il bene comune nel vero senso della parola. La partecipazione di tutti questi gruppi per noi è stata significativa, e il Partito ha ricevuto un po’ di freschezza e novità utili.

 

La campagna elettorale dell’UDC a livello nazionale è stata giudicata da molti professionisti un ottimo esempio di comunicazione strategica. Come ritenete di potere applicare a livello locale la strategia nazionale?

Come ho detto poc’anzi la strategia nazionale è stata da noi applicata anche sul territorio, e ancora di più verrà applicata da ora in avanti, nella formazione del nuovo soggetto politico che si costruendo dopo il convegno di Todi della scorsa settimana, in cui sono state gettate le basi per aprire il nuovo che avanza a formazioni moderate, che vogliano con noi lavorare nell’ottica di creare un gruppo dirigente altrettanto nuovo che sappia affrontare le sfide che anche in politica si presentano all’orizzonte.

 

Parlando di consulenti politici, quanto pensa che la loro professionalità possa generare un valore aggiunto alle campagne elettorali a livello nazionale e locale?

Tutte le nuove competenze professionali possono essere valutate e prese in considerazione, ma la competenza dei consulenti non può certo superare il valore di tutti quei nostri militanti, che sul territorio hanno il polso della situazione, sono conosciuti e hanno il filo diretto con i cittadini, nostri elettori oppure no. Le nostre radici che arrivano da lontano, i nostri valori su cui si fonda il nostro modo di fare politica per la gente, non può fare a meno di che opera e lavora sul territorio da decenni.

 

L’UDC è un partito che cerca di interpretare le tendenze sociali. In termini di comunicazione qual è il vostro approccio alle nuove realtà sociali e quanto crede nell’utilizzo dei new media per interpretare l’opinione, mobilitare e spostare il consenso?

Il futuro di ogni settore, di ogni attività è certamente nei nuovi modi di fare informazione e di aggregare la gente. I new media non possono che essere un aiuto nella mobilitazione delle persone, nel cercare di fare comprendere le varie opinioni, e quindi è certamente un modo più che ottimo di creare consenso. Fino ad ora abbiamo avuto poche possibilità di utilizzare questi strumenti, ma anche da noi, si sta muovendo qualcosa e quindi presto potremo avere a disposizione qualche mezzo in più per fare sentire la nostra voce.

 

Quali sono gli obbiettivi nel breve- medio periodo in termini elettorali?

Le rispondo con le parole di Lorenzo Cesa segretario nazionale dell’UDC, che al convegno di Todi diceva tra l’altro “ il nostro è un Paese che con la fine della prima Repubblica, con la fine delle ideologie, ha pensato di fare a meno della politica. L’onda peraltro non ha riguardato solo l’Italia, ma un po’ tutto il mondo, con l’economia e la finanza che spesso hanno ridotto in un angolo la politica. Solo ora ci accorgiamo che un Paese che rifiuta la politica è un Paese senza guida, che se ne va alla deriva. Mai come oggi l’Italia ha bisogno di politica vera, di una guida che metta al centro l’interesse generale del Paese, che sappia ricondurre ad unità le infinite pulsioni e tensioni che provengono da una società civile complessa e variegata come la nostra. Questo ci chiedono i piccoli imprenditori, le famiglie, i cassintegrati, i giovani, il 36,5% di italiani che alle ultime elezioni regionali non è andato a votare.” Nell’ottica della costituzione del nuovo Partito il nostro impegno, sigillato anche nell’ultimo direttivo di Monza e Brianza, va nella direzione di dimostrare come l’UDC e la Costituente del nuovo soggetto politico, sono strumenti per fare precipitare la crisi del bipolarismo, per creare un Partito pronto a difendere l’unità nazionale in qualsiasi momento essa tornasse ad essere minacciata.

Intervista a cura di Daniela Bavuso

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“Se fossi sindaco”

Intervista a Leo di Renzo, art director dell’agenzia “ArtefattiAd&P” curatori della campagna elettorale del candidato sindaco di Andria, Nunzio Liso (centro-sinistra).

Come si caratterizza la vostra strategia? E soprattutto perché avete proprio scelto quella che chiamate “di rottura”?

Prima di parlare di strategia è importante capire il contesto in cui la nostra campagna si inserisce. C’è un centro-destra che ha anticipato di molto la diffusione di messaggi elettorali (più di un mese prima delle primarie). Quindi, con evidenti risorse economiche, ha acquistato la maggior parte degli spazi per affissione (i migliori) oltre che far partire a “martello” gli spot su due televisioni private tendenzialmente di destra. Quindi sin da metà gennaio la città di Andria è stata interamente “tappezzata” da manifesti dedicati al candidato sindaco di centro-destra.

Il 25 gennaio si svolgono le primarie e il candidato di centro-sinistra è nominato. A questo punto inizia il nostro intervento. Poche risorse economiche, spazi pubblicitari quasi inesistenti se non in periferia, e in città non si parla d’altro che del candidato sindaco del centro-destra. Da esterno alla città sembra quasi che il candidato è solamente uno. E pensare che Andria ha presentato 5 candidati, ma tutti poco visibili.

  • Stefano Porziotta (Unione Di Centro ma poi abbandonato dal partito, così ha scelto di correre da solo) con la lista “Porziotta sindaco” con una campagna “La mia risposta”, seguita dall’agenzia Tom di Bari;
  • Giovanna Bruno (idv, UDC, io sud) con la lista denominata “Andria3”;
  • Nicola Giorgino (Popolo della Libertà);
  • Nunzio Liso (sal, PD, Federazione della sinistra, agricoltura/ambiente/territorio);
  • Giuseppe d’Ambrosio (5 stelle).

Evidentemente la sfida nel campo comunicativo è tra il centro-destra e il centro sinistra e cioè tra Nunzio Liso e Nicola Giorgino

Dopo aver analizzato i “parametri” in cui muoversi e dopo aver studiato tutte le campagne (e questo è stato l’unico vantaggio per essere partiti ultimi!), l’unico modo per “spostare” l’attenzione dal candidato di centro-destra al nostro candidato Liso doveva essere una “scossa”. Ecco perché parliamo di “rottura”: la nostra campagna doveva ed è stata di “rottura” sia visivamente che mediaticamente.

La parte visiva, il primo impatto, è stata progettata in modo tale da creare un “segno” che desse fastidio alla lettura.

Mentre in tutti i manifesti vi erano belle facce in mostra, il nostro candidato aveva una fascia rossa sul viso. Quasi un senso di “fastidio” a prima occhiata ma nel complesso il progetto è estremamente elegante, minimale, pulito e curioso. I manifesti poi erano dotati di spazio bianco per interagire e lasciare un messaggio “pirata” al candidato. L’affissione grande e piccola ha suscitato immediatamente scalpore. Non l’ennesima “faccia” in bella vista ma una faccia leggermente nascosta da una fascia trasparente di color rosso, su cui annotare qualcosa da dire e farsi sentire (il payoff era appunto “fatti sentire”). Abbiamo registrato messaggi interessanti ma anche scherzi e ingiurie, ma era tutto previsto. L’interazione doveva essere libera.

Questa la prima fase della campagna. Meraviglia e “rottura” rispetto alle altre.
La seconda fase è stata di massimo stupore. Strumento per suscitare questo sentimento è stato il poster mt 6×3 “realistico”. Non carta stampata ma veri oggetti applicati sulle superfici dei poster, a “dialogare” con il cittadino. Si parla dell’uso delle biciclette? Ecco apparire in una strada del centro 13 biciclette, grandi e piccole, montate sul poster.

Si parla di più verde in città? Ecco che il poster diventa il “primo” nuovo spazio verde della città, rappresentato da del prato vero sulla superficie del pannello.

Si parla di energie rinnovabili? Ecco che il poster diventa una superficie utile per produrre energia, con veri pannelli fotovoltaici in bella mostra.

Quello che è successo in città conviene farselo raccontare dai cittadini. Non si è parla d’altro per diversi giorni e si continua a parlare. Il candidato ha avuto richieste di permanenza dei pannelli perché belli e d’arredo per la città. Ci sono stati veri pellegrinaggi per ammirare questi pannelli “vivi”. E poi… ingorghi, centinaia di fotografie (la sera sembrava ci fossero monumenti da fotografare). I pannelli, poi, hanno continuato a vivere. Le bici per esempio, dal pannello sono state smontate e utilizzate per guidare un corteo di ciclisti per tutta la città!

Insomma, la rottura c’è stata e si è aperto un varco da attraversare, così da veicolare il messaggio del candidato di centro-sinistra.

Quali sono i punti di forza della vostra strategia?

Come detto prima i punti di forza sono stati la meraviglia e lo stupore. Abbiamo parlato di “rottura” perché abbiamo “rotto” la monotonia delle campagne elettorali, senza essere superficiali e/o essere accusati di non prendere le cose sul serio. Parliamo sempre di una campagna elettorale, quindi di grandissima importanza e utilissimo strumento per veicolare i messaggi seri e importanti per il governo di una città.

Quale giudizio stanno dando gli elettori alla vostra campagna elettorale?

Il giudizio è estremamente positivo. E non lo diciamo perché “di parte”, ma è una piacevolissima constatazione. I complimenti ci sono dalla gente comune, colleghi, e aprite bene le orecchie: dall’opposizione! Non nascondiamo di aver avuto complimenti (solo e soltanto) dagli elettori di centro-destra. Penso sia un buon risultato, no? Speriamo che votino il nostro candidato Liso!

Qual è il valore aggiunto del design nella comunicazione e in particolare nella comunicazione politica?

Il valore aggiunto c’è, e questo è un dato di fatto. Devo dire che ciò si è capito maggiormente in questa tornata elettorale; oserei dire che è partito tutto dall’ondata di innovazione portata dal nostro presidente Vendola. Grazie a lui, tutti e ripeto tutti hanno capito che una campagna elettorale non è una cosa da “fare in casa” ma un prodotto da presentare e da far comprendere. Ecco, “comprendere”. La vera difficoltà. Un candidato effettivamente non è un barattolo di pomodori ma un cervello, un modo di fare e di pensare che può influenzare lo sviluppo o il decadimento di un territorio. A questo, il design è chiamato a contribuire insieme ad altre componenti, per aiutare a comprendere e perché no, rendere “piacevoli” i messaggi. E anche in politica questo ha rilevanza. Spesso però ho notato l’utilizzo esasperato di creatività, rasentando il cattivo gusto. Questo è deplorevole. La politica è una cosa seria e ci vuole sobrietà e non parlo del messaggio ma anche nell’utilizzo di un buon design.

È risaputo che il marketing politico e il design siano attività poco sviluppate in Italia, a differenza di quello che invece accade negli altri Paesi Europei e Occidentali in generale, qual è la vostra motivazione?

Secondo un mio modesto parere il design e il marketing è poco sviluppato e applicato non solo in politica ma in ogni settore. O meglio, esempi di un buon marketing ci sono. È il design che è completamente assente, tranne che in casi estremamente isolati. La causa? Sarebbe molto complesso affrontare questo argomento. Potremmo dire solo che ciò che manca è la “cultura del design”. Sembra veramente strano dire ciò in un Paese che è stato culla di grandi designer e progettisti, ma purtroppo questa è la realtà Un paese che il mondo ha guardato e continua a farlo (peccato che venga guardato per il passato e non per il presente).

Quando si sviluppano strategie di marketing politico come le vostre, quanto conta la disponibilità del politico?

La disponibilità del politico è fondamentale. Abbiamo seguito altre campagne politiche e devo dire che una è completamente diversa dall’altra. Le campagne politiche pensiamo debbano veramente essere “sentite” dal candidato. Senza poi calcolare che se non corrispondono alla persona diventano veri e propri boomerang.

Dalle vostre esperienze i politici, i partiti, credono che il marketing politico, legato ovviamente anche ad altri importanti elementi, possa contribuire alla vittoria?

Noi sicuramente siamo convinti che una buona campagna e un buon mix di operazioni possano contribuire alla vittoria. I politici, non ne sarei certo. O meglio, ne sono consapevoli ma fanno finta che non è la campagna che fa la differenza. Verrebbe meno la loro persona e la propria forza comunicativa. Penso che difficilmente un politico dichiarerebbe che alla vittoria ha contribuito in maniera fondamentale anche la campagna di comunicazione. Forse a vittoria ottenuta, ve lo saprò dire!

Pensate che il marketing politico si possa finalmente sviluppare anche in Italia?

Certamente. Siamo all’anno zero. Mai viste tante campagne carine come in questa tornata elettorale. E non parlo di design e marketing. Parlo anche del coinvolgimento di giovani registi, quindi case di produzione per la realizzazione di spot, designer multimediali per sigle e codini e produzione video per la tv e per il web. Insomma, c’è un indotto che è stato chiamato a contribuire. Per avere un’idea basta frequentare il sito di Nichi Vendola (http://www.nichivendola.it/) per capire come la comunicazione e il marketing politico potrebbe evolversi. Noi, nel nostro piccolo abbiamo pensato ad una campagna veramente fatta con l’aiuto dei cittadini. E l’idea nasce dopo aver visto le “Fabbriche di Nichi”.

La nostra campagna si svolge con l’ausilio di FB e blog vari. Ma la vera forza e la vera notizia è nell’utilizzo del “banale” SMS che dopo esser stato inviato, appare nel sito del candidato e va ad arricchire un database di consigli per la futura amministrazione. Gli stessi messaggi sono stati fonte di ispirazione per la realizzazione dei claim della campagna, proprio a sottolineare un modo nuovo e diverso di fare comunicazione politica: condividere i messaggi e gli slogan. Avreste mai pensato cose del genere un paio di anni fa?

Quali sono le vostre previsioni?

Se parliamo di previsioni sull’utilizzo di più design e più marketing nelle campagne politiche, beh, pensiamo che si sia aperta una nuova stagione. Invece per le previsioni sulle attuali elezioni amministrative, penso sia il caso di dire, e non me ne voglia nessuno: vinca il miglior candidato e non la migliore campagna!

Luca Checola

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In Toscana la consulenza politica è realtà

Esplorando il sito web di Enrico Rossi (www.enricorossipresidente.it) e dando un’occhiata ai materiali di comunicazione della campagna elettorale si rimane colpiti dalla possibilità di consultare integralmente on-line la copy strategy della campagna. Una scelta innovativa e degna di nota, assolutamente in linea con il complesso delle azioni promosse sul web dal candidato alla presidenza della Regione Toscana per il centrosinistra. Di qui il nostro interesse a fare una chiacchierata con chi ha curato la campagna on-line di Enrico Rossi: Antonio Sofi, consulente politico, blogger, esperto di giornalismo e nuovi media, classe 1975.

Partiamo proprio dalla copy strategy. Com’è nata l’idea di metterla on-line?
Io girerei la domanda: perché non la mettono tutti on-line? Alla comunicazione politica farebbe un gran bene provare a uscire dai fumosi antri sacerdotali e diventare un gioco a carte scoperte. Una sfida trasparente, sulle idee e sulle strategie messe in atto per raccontare queste idee ai cittadini. E d’altronde diventerà sempre più inevitabile. Il campo da gioco in cui trova luogo la sfida politica è sempre più sotto gli occhi di tutti: anche grazie ai nuovi media. Le cortine fumogene non pagano più e rischiano di ritorcersi contro a chi le usa. Sbaglia chi crede che i cittadini non sappiano leggere azioni e comportamenti (anche comunicativi) degli attori politici. Il documento di copy strategy disponibile on-line è in sé una cosa piccola, ma anche un gesto voluto che racconta di una intenzione di condivisione e di apertura verso tutti gli interlocutori.

Veniamo ora al vostro “esperimento collaborativo di costruzione dell’agenda”: “La Toscana che voglio”. Com’è nata l’idea? Quali i feedback ricevuti ad oggi?
“La Toscana che voglio” è dichiaratamente un esperimento. Una vera e propria beta, nella logica vera delle cose di Internet. L’idea è sempre la stessa, ostinatamente riprodotta in tutte le salse: cercare di aprire, aprire, aprire. In questo caso la domanda era: qual è la Toscana che le persone vogliono? Apriamo più canali affinché lo possano dire, e affinché noi possiamo capirlo. E infatti lo abbiamo chiesto tramite il sito “La Toscana che voglio”, attraverso il profilo pubblico di Facebook che ha funzionato da “collettore” di contributi, grazie alle interviste video fatte da noi a personaggi noti oppure in giro per il territorio. I feedback sono stati molto confortanti e positivi: ci ha fatto piacere leggere di chi ha fatto un giro su “La Toscana che voglio” e vi ha trovato una boccata di aria fresca e di voce genuina. Era quello che volevamo.

Hai introdotto un tema importante: la comunicazione attraverso Facebook. Al momento, secondo il sito “Regionali su Facebook”, sviluppato da “SeoLab”, la percentuale di popolarità di Enrico Rossi sarebbe dell’84%. Un ottimo indice di popolarità, dunque, che senz’altro deriva dalla forte impronta “social” data alla campagna (le pagine Facebook ufficiali sono infatti ben 3 – Enrico Rossi Presidente, La Toscana Avanti Tutta, La Toscana che voglio – e tutte vanno nella direzione del marketing relazionale). Quanto sono utili i social network ai fini della conquista, ma anche e soprattutto del mantenimento, del consenso politico?
Non parlerei di marketing, non parlerei di conquista. Parlerei di partecipazione. Tutti gli strumenti on-line hanno cercato di attivare partecipazione, pur con tutti i limiti degli strumenti e della realizzazione – che è sempre perfettibile. E addirittura provocatoriamente non parlerei nemmeno di utilità in senso stretto. Direi che questi strumenti sono e saranno sempre più un elemento imprescindibile – e non solo di una campagna comunicativa ma dell’azione politica anche nei momenti di pace elettorale. Una campagna politica senza Internet è ormai, e sarà sempre più, come uscire di casa senza pantaloni. Il punto semmai è che spesso i social media vengono guidati con il freno a mano tirato e non riescono a decollare. Bisogna avere più coraggio, e capire che non basta avere un profilo su Facebook per saper gestire in modo integrato una campagna elettorale online.

Una domanda provocatoria: la Toscana è notoriamente una regione “rossa”, nella quale la vittoria del centrosinistra è altamente probabile. Vale la pena fare una forte comunicazione politica? Se sì, in che modo e con quali scopi? Quali sono i target della vostra comunicazione?
Beh, la verità è che gli unici risultati elettorali sicuri sono quelli confermati il giorno dopo le elezioni. E la comunicazione politica non può e non deve essere uno strumento legato univocamente alla vittoria, o alla sovversione del pronostico di partenza. Vale sempre la pena fare una forte comunicazione politica – se non si riduce l’idea di comunicazione a quella di mera propaganda. E poi c’è un discorso di “aspettative”, on-line ma non solo: ci si aspetta che, all’interno di un momento elettorale, ci si racconti, ci si confronti anche in modo aspro, si ascoltino gli altri, si apra uno spazio di dibattito e di attenzione su temi, persone, politiche.

“Io penso che il pubblicitario d’assalto che confeziona lo spot o il manifesto efficace serva, ma venga dopo – e non possa sostituire – un lavoro sui contenuti. E per fare questo il consulente deve essere a sua volta un ‘politico’, cioè deve avere una storia di passione e partecipazione politica. E’ questa la differenza tra noi e i pubblicitari, per i quali il politico è solo un prodotto da vendere (legittimamente, dal loro punto di vista)”. Quanto ti ritrovi in questa affermazione?
Mi sembra che colga un punto. Anzi il punto centrale. Le idee non sono equivalenti (anche comunicativamente) alle specifiche di un prodotto.

Qual è, infine, il tuo giudizio sull’attuale stato della professione del consulente politico in Italia?
C’è molto da fare. Per uscire da una “zona grigia” in cui prosperano professionisti che vendono gli assi nella manica e le soluzioni facili e a buon mercato. C’è molto da fare per raccontare la complessità di un lavoro che non può essere fatto nelle ultime settimane, con il treno in corsa, o con la bacchetta magica. Prima c’è la persona, le sue idee, la sua storia, i suoi contenuti: la comunicazione spesso non deve fare altro che mettere in fila queste cose e comporre una orchestra di strumenti che suoni al meglio la melodia che il candidato fischietta tra sé.

(Intervista a cura di Valentina Di Leo)

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Quando i candidati “ci mettono la faccia”

Cosa c’è di peggio per gli elettori se non quell’ondata smisurata di manifesti e di foto sfocate, sorrisi finti e pose statiche? Beh, ci sarebbero le “liste pasticcio”, ma ironie a parte, se ragioniamo in termini di comunicazione politica la rappresentazione del volto del candidato, e quindi l’importanza della fotografia nella costruzione dell’immagine del politico, è spesso trascurata.

Anche se nel post Obama sono emersi tentativi d’innovazione in questo campo (vd. ad esempio i mosaici di foto di Formigoni o di icone di Vendola), è sotto gli occhi di tutti la poca professionalità che spesso si nasconde dietro la scelta della foto che dovrà rappresentare il candidato per tutta la campagna elettorale. Gli errori che si evidenziano non sono solo da attribuire alla bassa qualità della fotografia, ma anche alla poca coerenza tra slogan e ritratto. In quest’ultimo caso, infatti, vi può essere sia una sfasatura, in termini di significato, tra il messaggio comunicato dallo slogan e quello trasmesso dalla foto, sia un effetto disarmonico nel layout complessivo del manifesto.

In un manifesto pubblicitario, difatti, esistono due categorie di segni: il testo e il visual. Generalmente, nello spazio dell’affissione, l’immagine riveste la funzione di vera coprotagonista dell’headline. E, a meno che non si punti su una comunicazione di tipo ironico, è importante che lo slogan entri in relazione di accordo, e non di contrasto, con la parte visual del messaggio.

In comunicazione politica è la “faccia” del candidato, il visual più accreditato. Nell’outdoor e nel media advertising diffondere l’immagine del volto del candidato è fondamentale per influenzare l’effetto mnemonico e aumentare l’indice di notorietà del politico. L’elettore vuole sapere chi c’è dietro un nome; sa che è difficile al giorno d’oggi avere un contatto diretto con i candidati, e quindi vuole almeno conoscerne il volto, scorgere nelle fattezze di un viso, di uno sguardo, di una postura, se si tratta di una persona di cui potersi fidare. La valutazione dell’elettore si basa, quindi, anche su un piano emotivo-simbolico e, oltre ai programmi e alle promesse, ciò che trasmette il volto del candidato contribuisce alla maturazione della scelta di voto.

Nella campagna UDC, ad esempio, è stato dato molto peso all’immagine dei candidati, anche in termini di qualità della fotografia, di coerenza della posa rispetto all’headline, di pulizia dell’immagine e attenzione ai dettagli. Saverio Scattarelli, il giovane fotografo pugliese che, tra Roma, Bari e Milano, ha scattato le foto dei candidati dell’Unione di Centro, ha dichiarato che le parole d’ordine sono state semplicità e spontaneità. Scattarelli, parla di scatti naturali, non ritoccati, nessuna posa finta, nessun ricorso al trucco. Tutti i candidati presidenti sono stati fotografati seguendo delle linee guida comuni. Tutte le foto ad esempio, hanno la stessa uniformità dell’illuminazione. Ciò fa sì che ci sia coerenza anche con la campagna nazionale.
Scattarelli sottolinea che è stato importante rendere partecipi i candidati nella scelta della foto. Essi, infatti, non solo hanno scelto l’abbigliamento da indossare (tra un cambio sportivo e uno elegante), ma hanno potuto anche scegliere la foto per la loro campagna. «L’obiettivo è stato quello di catturare le loro espressioni reali» e quale miglior giudice di loro stessi?
«Adriana Poli Bortone ha scelto la sua foto commentando che in questo ritratto riconosce il suo vero atteggiamento di sfida», importante in una competizione difficile come quella pugliese.

Interessante anche la fotografia di Gianni Troilo per la campagna PD curata da Proforma, sia per la buona qualità che per l’“effetto sgomento”! La foto migliore? Quella di Bersani! Sorriso accennato, sguardo laterale tipico della comunicazione seduttiva.
Si tratta del primissimo piano del mezzo busto comparso nella sua campagna di comunicazione per le primarie di ottobre 2009.

Da segnalare anche la scelta delle angolazioni, che se nel cinema sono funzione di un significato narrativo e concettuale, nella comunicazione politica sono l’espressione e il completamento del messaggio principale. 

Emblematica la foto dal basso verso l’alto che ritrae Vasco Errani candidato per la terza volta presidente della Regione Emilia Romagna. Come per le inquadrature di Orson Welles in Quarto Potere, questo tipo di angolazione è utilizzata per rappresentare potere e grandezza.
Diversamente dal “Citizen Kane romagnolo”, Stefano Porziotta, uno dei candidati sindaco di Andria si fa fotografare con la testa inclinata, lo sguardo sorridente, l’abbigliamento sportivo e dall’alto verso il basso. Tecnica, quest’ultima, per nulla consueta nelle strategie di comunicazione politica. L’obiettivo è ovviamente rappresentare un candidato scelto “dal basso” espressione delle esigenze dei cittadini.

Ma attenzione, c’è anche chi crede, in sintonia con una certa strategia di comunicazione politica, che una foto non sia sufficiente ad attrarre l’attenzione degli elettori, soprattutto se si tratta di target giovanissimi e difficili da avvicinare alla politica. E’ il caso della 21enne candidata tra le fila PD per le regionali in Campania, Rosaria Esposito. A comunicare il suo messaggio è il suo alter ego fumettato, una simpatica caricatura sorridente ed incisiva declinata in 8 diverse vignette in cui la candidata comunica, in modo pungente e sarcastico, la sua opinione sulle tematiche della campagna (donne in politica, nucleare, camorra, rinnovamento generazionale). Il visual spiritoso, in sintonia con l’headline “Solo per chi ha voglia di cambiare”, è la creative idea di questa campagna fresca, innovativa e particolarmente orientata al web.

Marina Ripoli

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Ad Andria un candidato senza partiti, sostenuto dai giovani

Alle Comunali 2010 di Andria c’è una novità! Non è di destra, non è di sinistra, ma è il candidato dei giovani e della società civile. Si chiama Stefano Porziotta e rappresenta un caso emblematico per la città di Andria. Dopo circa 20 anni di amministrazione di centrosinistra e la vittoria mancata, ma più volte sfiorata, del centrodestra, si presenta alle elezioni  un candidato non schierato politicamente con a suo sostegno due liste civiche: “L’Alternativa” e “La risposta per Andria”. La prima è ispirata al nome del movimento politico-culturale L’alternativa – Percorsi popolari  che ha proposto la candidatura di Porziotta; la seconda al nome della campagna di comunicazione curata dall’agenzia pugliese TOM.  

Per comprendere a fondo le scelte strategiche di questa campagna elettorale è bene considerare lo scenario in cui queste nascono. Andria è una cittadina di circa 100 mila abitanti dove i problemi che preoccupano di più i cittadini sono la sicurezza, la criminalità, la disoccupazione e infine l’assenza di luoghi di intrattenimento giovanile. Quest’ultimo punto è un problema davvero sentito dalla cittadinanza in quanto i giovani di Andria sono costretti a recarsi nelle cittadine limitrofe della BAT per intrattenersi, indebolendo di fatto il loro senso di appartenenza alla città.

Stefano Porziotta, quindi, decide di puntare sui giovani, non solo perché sono i suoi primi sostenitori, ma anche perché vuole intercettare una problematica vissuta dai cittadini. La punta di diamante del suo programma è infatti la  “Città dei Giovani”, un vero e proprio villaggio h24 nel centro storico di Andria dedicato ai giovani, al tempo libero, all’accoglienza, all’arte. Si tratta di una tematica non toccata dal centrodestra ed è perciò un buon elemento di differenziazione rispetto all’avversario Giorgino del Pdl. Anche Liso del Pd punta sui giovani, e lo dimostra la comunicazione tutta orientata al target giovanile, resta il fatto che quest’ultimo ha dovuto aspettare le primarie per cominciare la sua campagna elettorale, iniziata in ritardo rispetto a Porziotta, già candidato un mese prima e anticipatore della strategia della campagna di ascolto di Liso.

Franco Liuzzi della Tom dichiara: “ad un candidato outsider come Stefano Porziotta, Tom ha fatto corrispondere una campagna disegnata su di lui, con un contributo cromatico forte e d’impatto, ed un orientamento complessivo all’ascolto. Il portale web, il social networking, gli eventi, sono diventate occasioni di scambio di bisogni e di prospettive in cui Porziotta si conquista l’attenzione, l’interesse e il consenso di coloro che sono stanchi dei partiti e che cercano nella società nuovi e migliori rappresentanti”. Così – continua Liuzzi – “alle mille domande, ai dubbi, alle preoccupazioni Porziotta cerca di offrire la sua risposta: una chiave di lettura e di gestione delle problematiche basata sul buon senso e sulla pluriennale esperienza di manager territoriale”.

Quindi se il nome della campagna è rappresentato dall’identificazione tra il candidato e la risposta ai problemi di Andria, il simbolo è un simpatico Balloon di colore verde o rosso che si può scaricare dal sito web, dove ne viene consigliato l’utilizzo:

  • pubblica il balloon tra le tue foto nei Social Network e invita gli amici a condividerlo;
  • sostituisci fino al 29 marzo la tua foto/profilo nei Social Network;
  • stampa, ritaglia e fissa il balloon al finestrino della tua auto o alla vetrina del tuo negozio.

Si evince un forte utilizzo dei new media, adatti sia a colpire i target più giovani sia a dare un’impronta partecipativa alle strategie di comunicazione. Da segnalare la campagna di social networking virale. Ovvero la diffusione su facebook di Chi vuol essere assessore?, un test attitudinale per formulare proposte indossando virtualmente i panni di un pubblico amministratore. Oltre all’applicazione facebook, Porziotta mette in pratica il principio della partecipazione scegliendo di scrivere un programma politico dinamico, scritto dagli andriesi. Per fare ciò è stata predisposta una sezione specifica sul sito web  “Idee in Comune”. Tra le prossime iniziative, poi, è prevista la distribuzione di shopper personalizzabili che da un lato mostreranno la campagna istituzionale “Senza partiti, solo Andria”, e dall’altra il simbolico baloon verde all’interno del quale l’elettore potrà scrivere la propria proposta da portare in giro per la città, diventando così promotore di Porziotta, ma soprattutto delle proprie idee.

teaserLa campagna è stata anche anticipata con una strategia teaser che ha domandato ai cittadini in cosa consistesse una città nuova. Ad una serie di bla bla bla bla… (le risposte degli altri), ecco intervenire la risposta concreta del nuovo candidato di cui naturalmente non appare né il nome né la foto, ma l’indirizzo del sito internet su cui scoprire di chi si tratta.

Tra gli altri punti di forza di questa campagna è da sottolineare la fotografia. Il volto del candidato, infatti, è fotografato in una posa che lascia trasparire il carattere di Porziotta, ossia quello di una persona solare e vicina alla gente. Nella comunicazione politica è molto importante mostrare il volto del candidato per aumentare l’indice di notorietà di quest’ultimo. L’unica weakness di Stefano Porziotta era infatti la popolarità. Nonostante sia molto amato dai suoi concittadini, non era molto conosciuto poiché ha lavorato lontano da Andria per ben 10 anni.

La sua foto spicca anche sul sito internet www.lamiarisposta.it, che risulta lineare, funzionale, multimedia e interattivo. Colpisce il linguaggio utilizzato… semplice, friendly…altro che politichese!

Complessivamente la campagna sembra ben strutturata, utilizza i media vicini ai giovani, il viral marketing ed è realizzata tenendo conto dello scenario e delle caratteristiche del candidato. Conferma tale giudizio il gradimento dimostrato dai numerosi contributi spontanei provenienti dalla cittadinanza.

Ad Andria gli elettori sono davvero protagonisti!

Marina Ripoli

L’analisi del candidato prima dell’inizio della campagnaswotporz

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